Il culto di San Clemente
Così come era successo con San Nicola a Coperchia, a Cologna e nella zona di Capezzano, San clemente fu il santo, per così dire, “adottato” dalle genti che dimoravano sulle colline di Pellezzano. Anche lui, come San Nicola, portato, presumibilmente, dalla migrazione di comunità provenienti dall’Oriente.
Quarto Papa dopo San Pietro, Lino e Cleto, Clemente fu il primo a proclamare e rivendicare per il Pontefice di Roma l’autorità su tutta la Cristianità, in un’epoca, durante l’impero di Traiano, ancora dominata dal paganesimo e che vedeva l’affacciarsi e il proliferare di nuove comunità cristiane, ancora perseguitate, spesso eterogenee e soggette a forze centrifughe. Come ha ricordato Benedetto XVI nella catechesi di mercoledì 7 Marzo 2007, nella sua Lettera ai Corinti Clemente I affronta un po’ tutti i temi fondamentali che saranno oggetto di discussioni e contrasti nei secoli successivi, arrivando perfino a formulare il concetto di una Chiesa esclusivamente “sacramentale” e non “politica”.
Considerato il primo dei Padri Apostolici, ossia di quelle autorità cristiane venute immediatamente dopo gli Apostoli e alle quali, con Paolo di Tarso, spettava ora l’onere di far penetrare e decollare il messaggio cristiano in un mondo ostile, egli resse il papato tra l’88 e il 97, a circa 60 anni dalla morte di Gesù. Confinato in Crimea dall’imperatore Traiano, vi morì nel 99. Il suo corpo fu rinvenuto, presso i Cazari, solo nell’868 dai fratelli Cirillo e Metodio. Portate a Roma, le sue reliquie furono deposte dal Papa Adriano II in una basilica fatta costruire sul Celio nell’871. Intorno al X secolo il suo culto ebbe grande diffusione in Italia. In Campania, si diffuse nel napoletano in località come Nola e Casamarciano, nel casertano come Capua ed Arienzo o come Padula nel salernitano.
Sappiamo che, già nel 1047, a Salerno, esisteva un Monastero, forse benedettino, intitolato a San Clemente. Il Principe Guaimario IX, nella divisione fatta dai fratelli Guido e Pandolfo dei loro beni situati in Lcucania, fece delle concessioni a tale monastero che era situato “foris muro huius salernitane civitatem propinquo litore maris”. In altri documenti successivi lo stesso monastero risulta spostato dalla marina prope portam que rotensis dicitur, in suburbio, ossia nei pressi di Porta Rotese. Nel 1129 risulta una Chiesa di San Clemente <<….in casali tusciano ubi sanctus clemens dicitur….>>.
Circa 10 anni dopo, nel 1138, si hanno, per la prima volta, notizie della Chiesa di Pellezzano: da una pergamena, il cui stato di conservazione non consente una lettura adeguata, apprendiamo, come riporta il Balducci, che in un atto stipulato nel mese di giugno viene fatta una donazione <<…da Regimondo a Pietro di una terra in Pellezzano presso la Chiesa di San Clemente>> Nel mese di febbraio 1274, in occasione del matrimonio celebrato tra un certo Nicola de Gaulino e una certa Clemenzia, il padre della sposa, Nicola de Regali, le assegna in dote una terra con castagneto situata presso la Chiesa di Pellezzano.
Ma all’inizio del secolo XIV, quando nel 1308 il Papato ordinò il “censimento” dei beni ecclesiastici dell’Italia meridionale e insulare e i cui rettori erano invitati a versare la “decima” calcolata sui beni avuti in dotazione, sulle offerte ed ogni altro introito di ogni singola Diocesi…< tra i Casali di Pellezzano troviamo tassati:
- La Ecclesia Sancti Nicolai de Copercle
- La Ecclesia Sancti Nicolai de columna
- La Ecclesia Sanctae Mariae de Crapilla
- Ancora la chiesa di Cologna
- La Ecclesia Sancti Jovanni de copertula
- La Ecclesia Sancti Antolini de Capaezano
E perfino una Chiesa di S.Clemente Papa ad Oscato, frazione di Mercato S. Severino, ma n on compare la chiesa di San Clemente di Pellezzano.
Il perché la Chiesa di Pellezzano non fosse tenuta al versamento della “decima” va, con ragionevole probabilità, ricondotto al fatto che essa, fin d’allora, grazie a lasciti o donazioni, aveva assunto una peculiarità che la distingueva dalle altre chiese del circondario, ossia lo status di pertinenza dell’Abbazia di San Pietro a Corte, cioè di grancia, masseria della Cappella Regia, il che la esentava dall’assoggettamento alla Mensa Arcivescovile. Tale status, con tutte le ambiguità e i conflitti da esso derivanti, accompagnerà e condizionerà la storia della Chiesa di San Clemente per almeno sei secoli, giungendo a definitiva composizione solo agli inizi del Novecento.